"todos los que habitan el planeta, incluyendo los locos y los idiotas, tienen derecho a la palabra pública..."
Questa è un'affermazione di Umbero Eco, riportata nella testata spagnola "El Mundo".
Ed è quello che di getto ho pensato spesso leggendo commenti e stati sui social, carichi di rabbia, astio e violenza.
Poi mi sono ricordata del mio pensiero circolare, sistemico relazionale e del mio mestiere, in cui devo distinguere il mio giudizio personale e mettermi in una posizione di accoglienza verso l'altro.
Anche quando è davvero difficile.
Ed allora ho provato a fare un ragionamento e come dico spesso a mettermi dalla parte dell'altro.
Sono queste le esperienze più complesse ed interessanti per me
Mi sono incuriosita e ho pensato, cosa spinge una persona ad accanirsi ferocemente contro un altr*?
Le risposte che mi sono data sono le più svariate. Quello che ho capito è che sicuramente è soggettivo, qui dico una cosa scontata, ma non troppo.
Dipende da troppi fattori per poter generalizzare, cosa che cerco di evitare di fare.
La storia personale di ognuno, il rapporto che intercorre tra la persona ed uno specifico fatto.
L'aderire o meno a determinati gruppi sociali e quindi sentirsi in dovere di dover corrispondere ad un determinato profilo.
L'idea di se, l'idea dell'altro, la capacità di accettare il "diverso da me".
Cosa hanno in comune rabbia, violenza e rifiuto? In genere due sentimenti molto forti e cioè la paura e il dolore.
Sono emozioni che fanno parte di noi e che madre natura ci ha dato di default, e ci hanno tenuto in vita per migliaia di anni.
Se lo vogliamo spiegare in termini neuroscientifici pensiamo alle reazioni attacco-fuga-freezing, rispetto ad un evento considerato minaccioso.
Quindi ho provato a scoprire se per me fosse pensabile connettermi, sintonizzarmi emotivamente anche con il "carnefice", non solo con la vittima.
Cosa porta il carnefice ad essere tale? Che prezzo paga a se stesso? Quanto queste emozioni dolorose vengono sfogate in modo funzionale? Quanto c'è davvero di suo, nel porsi violentemente verso l'altro è viceversa?
Beh mi sono già data alcune risposte e penso Anche voi.
Ovviamente questo non giustifica l'odio o l'astio, ma può portare a ragionare su come noi rispondiamo a questo.
A regolare le nostre risposte, a porci in una modalità che magari non comprende il rispondere alla violenza con altra violenza.
Forse così magari riusciremo a fare un ragionamento con "l'altro" se lui se lo concederà... o magari non ci riusciremo ugualmente, ma di sicuro avremo fatto un ulteriore passo di conoscenza verso noi stessi.
Alla prossima
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